Il decreto legge più discusso dell’estate, accompagnato da un iter di conversione turbolento, i cortei dei no vax, in contrapposizione a quelli dei free vax, che stanno sfilando in tutta la penisola, e si aggiungano pure i presidi davanti Montecitorio. Ma ieri, sui media, è risaltata la notizia proveniente da Piazza Cavour, dove la Cassazione, che con un chiarissimo verdetto ha confermato, ancora una volta, l’opinione scientifica condivisa a livello globale.
I giudici ermellini (ad eccezione di un proprio membro che proprio in questi giorni ha manifestato la propria contrarietà alla politica vaccinale dello Stato), tra i no vax ed i free vax, optano, da sempre, pro scientia.
E per la vicenda in esame viene da pensare al titolo “Vaccini”, all’occhiello “vaccini e autismo”, al sommario “ancora una smentita sul presunto rapporto causale tra sindrome dello spettro autistico e inoculazioni”, il testo è scontato, perché la Sezione Lavoro non ha, in nessuna occasione, sconfessato il proprio orientamento, del tutto aderente a quello espresso e ribadito dalla scienza medica.
E questo rappresenta un ulteriore caso fotocopia che arriva, col consueto schema procedurale, in ultimo grado. Dapprima il Tribunale che rigetta, la Corte d’appello che conferma, e la Cassazione che nuovamente, rigetta o dichiara inammissibile il ricorso.
Ma l’oggetto del contendere non è il risarcimento del danno, bensì la richiesta di indennizzo ex Legge n. 210 del 1992, quella che disciplina i danni da vaccinazione, che si applica a quelli obbligatori per legge e, con un’estensione della Consulta del 2012, anche a quelli consigliati dalle autorità sanitarie (come ad esempio il cd. MPR).
Il ruolo dell’antagonista è vestito sempre dal Ministero della Salute, e sulla scena c’è anche un c.t.u., ossia lo specialista chiamato a svolgere la perizia medico legale.
Nella vicenda esaminata con l’Ordinanza depositata ieri, il bimbo manifestava una forma di encefalopatia, con sindrome autistica, che nel ricorso si asseriva essersi manifestata a seguito della somministrazione dell’antidopo antipolio.
Il c.t.u., in ambedue i gradi di merito, esclude il nesso di causalità tra l’inoculazione e la patologia, ed in particolare manifesta la non ipotizzzabilità della correlazione con alcuna causa nota in termini statisticamente accettabili e probanti, sostenendo, inoltre, che pur potendo avere un ruolo la predisposizione genetica, “non sussistono ad oggi studi epidemiologici definitivi che consentano di porre in correlazione la frequenza dell’autismo con quella della vaccinazione antipolio Sabin nella popolazione”.
Ciò nonostante, il ricorrente lamenta che il consulente tecnico e la Corte territoriale abbiano disconosciuto la sussistenza del nesso causale tra la patologia ascritta al minore e la subita vaccinazione antipolio. Ma per i giudici un vizio sarebbe ravvisabile in ipotesi di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le argomentate nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi.
Al di fuori di tale ambito, la Cassazione precisa che la censura costituisce un “mero dissenso diagnostico” la quale si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice.
Le osservazioni riproposte nel ricorso, inoltre, non presentano elementi decisivi al fine confutare la soluzione del c.t.u., il quale ha aggiunto, che “la scienza medica valorizzata dal c.t.p. non consente, allo stato, di ritenere superata la soglia della mera possibilità teorica della sussistenza di un nesso di causalità”.
Il collegio conclude evidenziando che il giudice di seconde cure si è attenuto ai principi fatti propri dalla stessa Cassazione sul punto, in conformità ai quali (cfr. ex multis Cass. 29 dicembre 2016 n. 27449) “la prova a carico dell’interessato ha ad oggetto l’effettuazione della somministrazione vaccinale e il verificarsi dei danni alla salute e il nesso causale tra la prima e i secondi, da valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica, mentre nel caso il nesso causale costituisce solo un’ipotesi possibile”.
FONTE: (Altalex, 26 luglio 2017. Nota di Laura Biarella)